Pochi giorni fa è andato in pensione il mio medico di famiglia. Ha chiuso le porte dell’ambulatorio per ultima volta dopo 43 anni di servizio. Si fa presto a dire 43 anni…
Ricordo ancora quando ero piccola e veniva a casa a visitarmi quando avevo la febbre. Negli anni settanta in un paesino di quasi mille anime non usava chiamare il pediatra, veniva lui, invece, con la sigaretta appiccicata all’angolo della bocca e sbuffando per la salita. Mi guardava bene gli occhi, la lingua, palpava le zone dei linfonodi e mi auscultava i polmoni con attenzione. Poi mollava lì qualche frase burbera tra le quali primeggiava il “sei incinta” (era il suo modo per dirti che avevi solo un’influenza) e mi prescriveva le medicine. Non ha mai sbagliato un colpo, almeno con me.
Anni fa, quando già vivevo in Spagna, ad un’amica incinta era venuta una mononucleosi da cavallo. Era spossata e preoccupatissima, e il fior fiore dei medici di un’importante ospedale della provincia di Barcellona non riusciva a capire cos’avesse, si limitava a farle un’ecografia dopo l’altra per controllare che il feto stesse bene. Io a dodici anni ebbi una mononucleosi: Gianni (il medico) mi visitó e capí immediatamente l’origine del mio malessere.
A lui rivolsi il mio pensiero allora, quando la mia amica mi raccontó le sue peripezie mediche, e lo feci anche ieri quando la mia dottoressa mi chiese se volessi ricevere il risultato delle analisi direttamente nella posta elettronica. Inoltre, la prossima volta che ne avró bisogno, potró richiederle comodamente da casa, senza neanche presentarmi in ambulatorio. Che fortuna! Niente più dottore che sbuffa, che ti ausculta, che ti guarda le occhiaie o ti palpa i linfonodi. Nessun professionista della medicina che ti chiede come stai tra una frase burbera ed una barzelletta. Spero che non sia cambiato niente a livello di sicurezza sanitaria: suppongo che, se qualcosa non andasse bene nei risultati, sarei richiamata immediatamente in ambulatorio, ma non è lo stesso.
È tutto più distante, più freddo, più meccanico. Il medico di famiglia non è più quella figura rassicurante a cui rivolgersi quando si sta male e, tra una ricetta ed un colpetto alla schiena, raccontare i propri acciacchi e sentirsi già un pó meglio. È un impiegato seduto dietro ad una scrivania che guarda fisso lo schermo per annotare quello che dice il paziente e che non tocca, non osserva, non ascolta.
Sará sicuramente un risparmio per le casse statali ed assicurerá uno snellimento delle prassi burocratiche, ma non è lo stesso. Che tristezza, caro dottore!
Immagine di copertina di Fabrice Van Opdenbosch
Cara Paola si sa come sono i vecchi.Si commuovono facilmente. E -come disse il sommo-i tuoi rimembri a lacrimar mi fanno triste e pio…..Ti ringrazio per la tue belle parole e il tuo affetto. Tanto più grati quanto inattesii….E che te devo dì? Il tuo è un vero e prioprio elogium in senso etimologico classico…. E lo accetto e mi piace quello che dici, in questo momento. Quando ho finito la professione. Elogium. Che finire dopo quasi mezzo secolo è un partire, è un poco come morire….Tiè: professionalmente. O come dici tu :é un ripartire… Se lo trovo ancora ho un disegno tuo fatto chi sa quando che non ho buttato mai: ero io con ochhiali,sigaretta,borsa….. Spero di riteovarlo- REIKI. Non conoscevo, ma curiosamente poi mi informo. Le Andreoli hanno lo sguardo vispo e la mente vivace, spumeggiante direi. Buoni presupposti. Io ho una mia teoria: ciascuno di noi ha una sua strada, se imbrocchi la tua è lei che ti porta, non tu che vai. E’ lei che ti porta nei prati e non nelle buniaghe, è lei che ti fa incontrare persone e camminare assieme e poi magari separarsi e/o reincontrarsi. E non ti fa stancare. Che tu e la tua strada siete la stessa cosa…Io continuo ancora a camminare ,anche se le scale sono sempre più lunghe e scalini più alti. Che non mi sembra gusto mollare i rantegosi da oggi al domani, come mi dico o più banalmente per non far che la gente si renda conto che in effetti non servivi…REIKI, se applico ero ante litteram: Non ci sono malattie,c’è un malato con un suo mondo,coi suoi affetti,colla sua anima,colle sue paure e ansie,le sue aspettative…Cust ‘te vee: spero essere stato un buon artigiano, ma oramai siamo nell’era dei computer e della robotica..Ma non è la stessa cosa.Ti faccio un caldo augurio: che la tua nuova strada intrapresa sia la TUA STRADA. Un abbraccio. Scusa ma non so resistere: sarai mica incinta?…Come diceva Mike bongiorno: ALLEGRIA! Ciao Paola,pablita…
Brava Paola !!!!! e anche bella la risposta der ” miedegu “